24-07-2023
REATI OSTATIVI E
MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE


Il passaggio in giudicato della sentenza di condanna comporta l`obbligo per il Pubblico Ministero di dare esecuzione alla pena mediante la notifica dell`ordine di esecuzione.

In caso di condanna alla pena detentiva non superiore a 4 anni, il P.M. contestualmente all`ordine di esecuzione, notifica al condannato il decreto di sospensione dello stesso, permettendogli di accedere ad una delle misure alternative alla detenzione:
-affidamento in prova ai servizi sociali (art. 47 ordinamento penitenziario);
-detenzione domiciliare (art. 47 ter o.p.);
-semilibertà (art. 48 o.p.);
-liberazione anticipata (art. 54 o.p.).

In questo modo il condannato non dovrà scontare la pena in carcere.

Fa eccezione a tale principio l`ipotesi di condanna per i reati cd. "ostativi", vale a dire per quei reati, indicati negli artt. 4 bis o.p. (ad esempio, quelli commessi con finalità di terrorismo, reati di criminalità organizzata, omicidio, violenza sessuale ecc.) e 656 co. 9 c.p. (maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 co. 2 c.p.); Incendio boschivo (art. 423 bis c.p.); atti persecutori (art. 612 bis c.p.); furto in abitazione e furto con strappo (art. 624 bis c.p.) che l`ordinamento considera particolarmente gravi e per i quali non è prevista la sospensione dell`ordine di esecuzione.

Il condannato in via definitiva per uno dei reati indicati nei predetti articoli dovrà, quindi, necessariamente iniziare il periodo di detenzione in carcere e solo in un secondo momento, in presenza di specifiche condizioni, potrà accedere ai benefici e richiedere una delle misure alternative alla detenzione, tranne nel caso in cui il reato sia stato commesso da un soggetto in relazione al proprio stato di tossicodipendenza: in questo caso l`ordine di esecuzione potrà essere sospeso a condizione che la pena detentiva inflitta non superi i quattro anni e che il condannato si sia sottoposto ad un programma terapeutico.

Prima dell`entrata in vigore della "Riforma Cartabia", l`accesso alle misure alternative alla detenzione, a seguito di condanna per reati associativi, era escluso tranne in caso di collaborazione del condannato con la giustizia.

Con la riforma, l`accesso alle misure alternative per questa tipologia di reati, potrà essere concesso anche quando il condannato darà prova di aver adempiuto alle obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna, ovvero della assoluta impossibilità di tale adempimento. Bisognerà dimostrare, inoltre, la totale assenza di collegamenti con la criminalità organizzata.

Altra condizione necessaria è la realizzazione di iniziative in favore della vittima del reato, sia sotto forma di risarcimento che di giustizia riparativa; attraverso elementi diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo.

Per i reati "sessuali", la concessione dei benefici è subordinata alla osservazione scientifica della personalità del detenuto condotta per almeno un anno; nel caso in cui il delitto a sfondo sessuale sia stato commesso ai danni di un soggetto minorenne, l`accesso alle misure alternative alla detenzione è possibile solo quando, previo consenso del Magistrato e/o Tribunale, il condannato acceda ad un programma di riabilitazione speciale e ad un trattamento psicologico con finalità di recupero e di sostegno.

Anche in caso di condanna per uno dei reati indicati nell`art. 656 co 9 c.p., non potrà essere sospesa l`esecuzione della sentenza di condanna divenuta definitiva e, il condannato, dovrà, quindi, essere tradotto in carcere.

A differenza di quanto previsto per l`art 4 bis o.p., il detenuto potrà richiedere subito una pena alternativa alla detenzione, se ricorrono i presupposti specifici per ciascuna misura, non essendo previste dalla norma preclusioni in tal senso:

-semilibertà e detenzione domiciliare in caso di condanna alla reclusione o all`arresto non superiori a 4 anni;
-lavoro di pubblica utilità in caso di condanna alla reclusione o all`arresto non superiore a 3 anni.

a cura dell`avv. Carlo Caprioli